Eu preciso encontrar um lugar legal pra mim ficar...(Raul) Blog dei volontari

15/05/2010 Marco Ribechi

San Paolo è una città crudele ed esagerata, e forse proprio per la sua abbondanza di situazioni critiche e problematiche può essere il posto adatto per una esperienza di volontariato. Di lavoro non ne manca di sicuro. Con i suoi 20 milioni di abitanti divisi da barriere sociali molto pù resistenti di qualsiasi parete. I suoi grattacieli e palazzoni rappresentano adeguatamente il concetto di non-luogo dove l'uomo, nel momento in cui riesce a rallentare e a pensare un momento può finalmente chiedersi: ma cosa sta succendo qui? come è possibile tutto questo?
Conoscevo già il Brasile e conoscevo già San Paolo quindi sapevo a cosa andavo incontro e cosa avrei trovato e le mie aspettative non sono state deluse.
Rimango dell'idea che San Paolo non sia un posto adeguato alla vita, infatti è difficile incontrare nelle sue strade messaggi vitali, positivi che siano diversi da una pubblicità che ci rallegra avvisandoci dell'inizio degli sconti nei negozi.
Nonostante i suoi infiniti svaghi, centri culturali, locali notturni, mescolanze culturali più o meno riuscite l'impressione è che questo non migliorerà neanche un po' la tua qualità di vita e che non sia possibile allontanarsi nemmeno per un momento dall'idea che tutto abbia un prezzo e possa essere comprato. Tutto nella città è consumo, ed anche le persone si misurano in base al loro potere di acquisto, probabilmente anche più che in Europa.
Questo per lo meno nel mondo visibile perchè, al di la delle sue apparenze la città cela anche un universo sommerso quasi da romanzo futuristico in cui le città sono divise in livelli tra loro non comunicanti. Infatti una infinita parte della popolazione vive semplicemente in se stessa, completamente ignorata dall'altra creando un cosmo assolutamente indipendente e al di fuori di qualsiasi legge. E questo va bene purchè non sia visibile, fino a quando qualche articolo di cronaca fa suonare la sveglia del cittadino comune che si ricorda improvvisamente che anche quegli individui che vivono al margine delle strade o sotto un ponte sono o almeno erano anch'essi esseri umani. E' estremamente pesante vedere come una grande parte della popolazione si nutra grazie ai rifiuti dell'altra, come se il consumismo per loro sia la cura e non la malattia. Ancora più doloroso è comprendere che la sensazione di pericolo che aleggia nell'aria al calare della notte è solamente l'altra faccia della medaglia della giustizia. Un mondo di giorno produttivo e controllato, un altro di notte predatorio e completamente al di là di ogni limite.
Per questo il lavoro con CONAM e AIH all'interno delle comunità marginali sotto rischio imminente di sfratto è stato molto interessante e formativo. Esse rappresentano il limbo tra il visibile e l'invisibile, tra il successo e la disfatta sociale dove i concetti di legalità e diritti si disorientano a vicenda contrapponendo un conflitto tra il sociale e il privato, tra lo stato e i cittadini, tra il diritto e l'abuso che dimostrano come tutto ciò che riteniamo fondamentale (stato, giustizia, diritto, dovere) è in realtà una assoluta finzione.
La voglia è quindi quella di rifugiarsi in luoghi lontani isolati e sperduti dove non arrivi l'inquinamento morale e dove sia possibile riscoprire realmente il livello di umanità presente in ciascun essere e che da senso all'esistenza stessa. Questo è il Brasile che conosco e mi piace, terapeutico per chi sospetta dell'esistenza di un trucco, di un inganno ma che ancora non riesce a vederlo.
San Paolo non è il Brasile ma solo il figlio ingordo e deforme del progresso necessario con la modernità capitalista che fa del successo economico la sua legittimizzazione morale.