Buenos Aires, colectivos, política y mucho quilombo. Blog

15.04.2011 stefano boccardo

Negli anni a seguire la mia laurea ho deciso di intraprendere un periodo di viaggio e lavoro attraverso differenti paesi d'Europa per arricchire la mia conoscenza, nel mio campo professionale, attraverso differenti punti di vista; il risultato sono tre anni passati girando e conoscendo il vecchio continente.

Nel gennaio del 2010 mi viene però annunciato da Inco che per la prima volta potrò sperimentare anche la vita oltreoceano: si tratta della mia selezione per il progetto SVE a Buenos Aires per un anno.
Ecco dunque che in quattro mesi mi ritrovo a camminare in mezzo alle quadre del microcentro della capitale argentina, in una residenza con molti altri ragazzi, studenti e lavoratori, provenienti da mezza America del Sud.

E' la prima volta che metto piede in un paese in cui essere immigrato è la normalità. Un groviglio di immagini e segni che rimandano alle centinaia di culture differenti che hanno costruito questa nazione. Mi pare di ritrovare qui segni di tutto ciò che ho visto in questi anni, Sud e Nord Europa, con influenze africane e orientali, il tutto costruito e adattato ad un comune sentimento d'America che parla di tradizioni e sofferenze dei popoli originari e di speranze di chi arrivava via mare e sceglieva questa terra come nuova casa.

Per poter comprendere appieno lo spirito delle mille facce di questa città si ha l'impressione che si debba prima studiarne ogni regione che vi sta alle spalle e, per comprendere queste, è necessario capire ognuna delle etnie immigrate o native che le compongono, ma per far ciò bisogna infine giungere all'osservazione di ogni singola persona che ne fa parte, le sue radici, la sua cultura, i suoi antenati. Il tutto risulta quindi un processo infinito di combinazioni differenti che porta a migliaia di risultati.

Gli argentini paiono essere abituati a convivere con questa complessità, a volte splendida.
Nel servizio che sto svolgendo, ho la possibilità di assistere a moltissime riunioni, come tavoli di lavoro del Senato della Nazione, assemblee dei rappresentanti dei movimenti politici e riunioni interne alle case occupate a rischio di sfratto, e si può vedere come da ognuna di esse è molto difficile che ne esca una sintesi o una maggioranza, il risultato è piuttosto un congiunto di idee, espresse a turno, aspettando che il compagno precedente abbia finito di esporre la sua. Se si è fortunati si può uscire con un'unica risoluzione semplicemente perché tutti gli interlocutori tranne uno si arrendono sfiniti, in una sorta di gara di resistenza d'argomentazioni. La cosa curiosa è che queste discussioni possono avere come soggetto tanto i Diritti Umani quanto l'utilizzo o meno dei ceci per una buona zuppa criolla.

Attraverso (e parallelamente) il servizio volontario degli ultimi dieci mesi ho cercato quindi di approfondire la mia conoscenza del panorama politico e sociale argentino. Compartendo mate con amici chiedo spesso all'interlocutore di turno quale sia la sua idea sul proprio paese e sul ruolo dell'America Latina. Una grande differenza che ritrovo è il pensiero comune su come la vita e i problemi delle persone abbiano come fondamento la politica.
Tutto in Argentina è politica, e tutto incredibilmente complesso, labile e mutevole.

Passeggiando per la città mi sorge quindi una metafora sulla difficoltà a decodificare molti degli aspetti che regolano questa società: un parallelo tra la politica e il sistema dei trasporti pubblici.
Arrivando a Buenos Aires, passeggiando per alcuni minuti sui suoi stretti marciapiedi del centro, salta subito all’occhio di un europeo l'incredibile quantità di autobus che sfrecciano a tutta velocità. Si superano e si sfiorano, di ogni colore, numero e decorazione, avanzano a volte in colonna e si fermano in punti apparentemente casuali, così come appaiono causali i numeri, i colori e i percorsi.

Indagando ho scoperto che vi sono circa 313 linee di collettivi (come qua chiamano gli autobus), molte delle quali comprendono due o più ramificazioni ufficiali, indicate da un cartello esposto nella parte anteriore del bus, superando quindi di gran lunga i quattrocento percorsi. Vi è un libretto che li riporta tutti. Ogni collettivo ferma ogni due isolati, all’inizio, alla metà o alla fine della quadra, cosa segnalata a volte da un cartello che ne indica il numero, ma più spesso con un adesivo attaccato su un palo, un numero scritto a penna su un muro o semplicemente si deve sapere che ferma lì! Si noti però che il solo errore di sbagliare la fermata di più di 5 metri darà l’autorizzazione all’autista di non fermarsi.

Quindi, una volta trovato il numero desiderato, l’isolato e il punto del marciapiede eletto a fermata, aspettato il collettivo che riporti il numero desiderato ed esponga il cartello della giusta ramificazione, si potrà salire e comunicare all’autista l’importo del biglietto desiderato, che può essere di 0,05, 0,55, 1,10, 1,20 o 1,25 pesos (le variazioni di prezzo dipendono da sconti per studenti delle primarie o delle secondarie, sconti per anziani, e lunghezza della tratta da percorrere), e pagarlo con monete, tesserino ricaricabile, biglietti comprati in anticipo o con abbonamenti.

Arrivando a costruire questo schema, improvvisamente tutto quello che mi appariva confuso e lasciato al caso si svela perfettamente regolato e definito da leggi non scritte severissime, tramandate in piccole ed ermetiche guide per il bus o più spesso a voce, già che il modo migliore è quasi sempre chiedere a persone per la strada, che sanno sempre perfettamente qualsiasi percorso, numero e luogo della fermata dei collettivi.
Questo mondo dei trasporti pubblici nella mia visione rappresenta perfettamente quelle che sono le migliaia di frammentazioni politiche, sindacali, di associazioni e correnti di pensiero del territorio argentino, percorsi, ramificazioni, numeri e colori che confondono e appaiono incomprensibili al nuovo arrivato.
La cosa migliore rimane quindi guardarsi intorno, fermare la prima persona con una faccia da intenditore, spiegare la tua situazione e lasciare che decodifichi per te il panorama e ti indichi la direzione più appropriata verso cui muoverti.

E questo è quello che mi sta dando questa esperienza: una finestra su un mondo così lontano e così vicino allo stesso tempo, che sta vivendo un differente momento storico che mi permette di pensare a quella che potrebbe essere un'alternativa all'attuale sviluppo del nostro piccolo mondo europeo; è una società che ha sicuramente molti problemi, ma anche una capacità pratica di adattamento e ricerca delle soluzioni che noi abbiamo spesso dimenticato, e che in questi tempi potrebbe tornarci molto utile.