LA COMUNICAZIONE E LA LINGUA DI GENERE

La comunicazione è un fenomeno che accomuna tutti gli esseri viventi e, nel caso dell’umanità, oltre ad essere uno dei principali elementi determinanti i rapporti umani, si è sviluppata dalla comunicazione orale alla comunicazione scritta.  La comunicazione forma parte della vita di ogni giorno e, con l’introduzione di concetti, strumenti e realtà come i media, nonché con lo sviluppo della comunicazione di massa, la comunicazione ha assunto importanza trasversale in molteplici ambiti, come ad esempio quello aziendale. Tuttavia, visto il maggiore potenziale - in termini di mezzi, di velocità, di destinatari raggiungibili, ecc. - della comunicazione nella realtà odierna, è ancora più fondamentale saper comunicare in maniera adeguata e rispettosa in qualsiasi circostanza. 

Per questo, quando mi è stata data la possibilità di scegliere un tema per la formazione generale del servizio civile di dicembre, ho scelto di approfondire il tema della comunicazione affrontando il linguaggio di genere oggi, grazie alla guida della formatrice Cavagnoli Stefania. Innanzitutto, abbiamo iniziato da una distinzione tra “linguaggio” e “lingua”. Il linguaggio rappresenta la dimensione astratta della lingua (linguaggio umano, linguaggio animale, linguaggio non verbale, linguaggio economico, giuridico, ecc.), cioè la capacità cognitiva di pensare ed esprimersi. La lingua, invece, è la realizzazione concreta del linguaggio (lingua francese, inglese, ecc.), che è sempre legata ad una cultura (vedi gli “intraducibili”, ossia termini che non si possono tradurre perché hanno un significato talmente preciso e legato alla cultura di un paese che risultano non avere corrispettivi adatti in altre lingue e culture). 

In seguito, abbiamo discusso dell’importanza della lingua di genere intesa come opportunità per manifestare inclusione. Siamo partiti dal presupposto che la lingua è riconoscimento, perché se non nomino qualcosa questo qualcosa non esiste. Quindi è nominando qualcosa che se ne riconosce l’esistenza: questo implica che se mancano termini che indicano una distinzione di genere, maschile e femminile ma non solo, la lingua ne risulta impoverita, non riconoscendo né comunicando l’esistenza di parte della realtà e la sua complessità.

Abbiamo poi sottolineato come la realtà non solo sia complessa, ma anche in continuo cambiamento. Per questa ragione, anche la lingua, dovendo esprimere la realtà che circonda una comunità, è in continuo cambiamento e si adatta al contesto, che è sempre culturale. Guardando al principio del dinamismo della lingua, abbiamo notato come la lingua si modifica e si crea, a seconda delle esigenze, sulla base di tre modalità principali: la creazione di neologismi, l’utilizzo di prestiti stranieri e la risemantizzazione di parole già esistenti. 

Si è anche riflettuto sul legame che esiste tra la dimensione astratta del linguaggio e quella concreta della lingua, tra il pensiero e la realizzazione concreta: viene prima il pensiero o la parola? Qualunque sia la risposta, è comunque innegabile che le due parti si influenzano a vicenda. La lingua serve quindi sia a pensare che a creare relazioni tra pensieri astratti. Sulla questione, è stato sottolineato come la lingua di genere sia fondamentale per il suo fulcro - il potere - ossia perché determina anche le relazioni di potere, creando spesso delle asimmetrie di potere.

Infine, abbiamo guardato a delle semplici proposte pratiche per comunicare utilizzando una lingua di genere più inclusiva. Partendo da un’educazione alle pari opportunità, si può adottare una lingua più inclusiva anche, ad esempio, prestando attenzione a rendere sempre visibile i generi utilizzando sia il maschile che il femminile di un termine, o utilizzando escamotage grafici per una maggiore inclusività - ad esempio scrivendo “Si invita il/la candidato/a…” o utilizzando l’asterisco (*), lo schwa (ə) o a volte la “u”, come in candidat*/candidatə/candidatu - oppure utilizzando, quando possibile, termini che già indicano la pluralità (es: la comunità, la cittadinanza, l’umanità). La conclusione di questo incontro ha poi riassunto tutto quello che è stato detto riaffermando il punto centrale della questione, ossia il fatto che la lingua è anche una questione di scelta, di democrazia e di responsabilizzazione. 

Personalmente, ritengo che all’atto del comunicare - che sia per questioni di lavoro o per questioni personali - l'uso di un linguaggio rispettoso, equo e inclusivo sia da promuovere. Infatti, in linea con quanto sopra esposto, sono convinta che la lingua, essendo legata alla cultura di una comunità, è in continuo mutamento e si deve adattare ai cambiamenti del contesto e ai cambiamenti culturali che  avvengono nella società stessa. Negli ultimi anni, la distinzione di genere è andata cambiando nella nostra società, venendo il genere ad essere percepito non più come una distinzione binaria tra maschile e femminile, bensì come una distinzione molto più fluida, come uno spettro all’interno del quale vengono racchiuse molteplici realtà e identità di genere. Ne risulta quindi una complessità sociale che non si può ignorare e alla quale è giusto che la lingua cerchi di adattarsi. Per questo, per promuovere il riconoscimento di tutte le identità di genere, oggi si richiede un linguaggio inclusivo, che riconosca e valorizzi le differenze, rappresentando la realtà in tutte le sue sfaccettature. 

La riflessione sulla comunicazione e sull’uso di una lingua più inclusiva, anche in riferimento alle questioni di genere, è un dibattito molto attuale e l’esito finale di questa riflessione è difficile da prevedere. Ad ogni modo, al momento, la ricerca di una visibilità linguistica è legittima, se non necessaria, e la promozione di un uso responsabile e consapevole della lingua è comunque, a mio parere, d’obbligo. 

Fabiana